(Storia vera)
Tempo indietro, il caffè era fatto con segale e orzo abbrustolito in una padella sul fuoco.Veniva macinato a mano in un macinino di legno e la polvere si metteva a bollire insieme all’acqua in una pentola.
Il caffè “buono” era un lusso e in pochi potevano vantarsi di averlo assaggiato. Nei mesi estivi quasi tutti si trasferivano agli “Alpi” con la famiglia e il bestiame, ci stavano fino a settembre e ogni tanto qualcuno della famiglia scendeva in paese per procurarsi qualcosa da mangiare.
Una giorno un giovanotto, che d’estate si trasferiva al “Malagino” , doveva tornare a Terrinca a portare una rete di fieno, e visto che partiva tardi decise di dormire nella casa in paese per poi ritornare il giorno seguente.
La sua mamma per la cena, gli mise in una “pezzola” da fagotto un pezzo di pane di segale e patate fatto in casa, nero come un carbone, e gli disse:
– Vedi Oreste -, così si chiamava, – Con questo pane stasera ti ci fai il pancotto -, Oreste preparò la rete del fieno, e quando fu pronta, prese il fagotto e se lo legò alla cintola dei pantaloni, si aiutò il carico di fieno e partì.
Arrivato a casa mise il fieno al “massello”, poi tra sè disse:
– Ora è quasi buio ed è il momento di prepararmi la cena, però dato che questa sera sono solo mi voglio fare qualcosa di buono; mi farò il caffè.
Anche se Oreste aveva venti anni non aveva mai assaggiato il caffè, aveva però sentito dire da qualche amico che era buonissimo. Si lavò, poi andò alla Cooperativa, comprò due centesimi di pane bianco, due centesimi di caffè buono e quando fu a casa accese il fuoco e in un pentolino mise l’acqua a bollire.
Intanto che l’acqua bolliva si mise a macinare il caffè nel macinino a mano, prese una tazza, ci affettò il pane bianco e infine ci mise un cucchiaio di zucchero. Quando l’acqua cominciò a bollire versò la polvere nel pentolino e con il cucchiaio gli diede una mestatina come aveva sentito dire; poi senza aspettare, vuotò nella tazza il caffè con tutto il fondo.
Il pane bianco divenne di colore scuro; lui però non ci fece caso perché non se ne intendeva e poi era così contento di poter raccontare agli amici che anche lui aveva bevuto il caffè. Prese la tazza e si andò a sedere sul ciocco nel cantone, accanto al fuoco.
Si mise a mangiare e al primo boccone si riempì la bocca di “gragioli” che cominciò a sputare, la seconda boccata fu uguale, allora cominciò a brontolare tra sè dicendo: – E poi si dice che il caffè è buono? Quando me lo diranno ancora gli risponderò che non è vero, per me è una schifezza, è molto meglio quello che mi fa la mamma di segale -.
Alla terza boccata Oreste non ne poté più, prese la tazza e la vuotò fuori di casa, nel campo. A questo punto non gli rimase altro da fare che mangiarsi il pane nero che aveva portato dal “Malagino”.
Cocci Angela