Stamani, sarebbe proprio una bellissima giornata per fare un viaggio; sarebbe bello per me. Potessi andare fino al “Giardino”. Quant’è che ci penso, ma purtroppo ci devo rinunciare.
Io però ci vado lo stesso, ci vado con il pensiero. Questo sì me lo posso permettere.
Parto dal “Villaggio”, scendo la “Frana”, arrivo al “Solcone” prendo la strada comunale del “Giardino”. A pochi metri c’è la marginetta degli STAGI, faccio una breve preghiera, proseguo e penso di ricordarmi i nomi di questi posti, ma sarà meglio chi li scriva, perché oggi la mia mente è sveglia ma domani si potrebbe addormentare. Sono in “Capoccampi”, sopra c’è “Carpinetra”, proseguo: sono a “Prunetti”, sotto al “Col dal Pruno”, vado avanti e mi volto in giù, c’è da “Lencio” e poco dopo sono in “Piastrella”. Passo il Colle; a destra della strada c’è una grotta ricoperta di muschio: lì vi è il bassorilievo di Sant’Antonio. I nostri vecchi l’avevano messo lì come protettore delle loro bestie. Riparto pian piano. Sono al “Colle di Gerbara”, bella selva di castagni. Proseguo e la là sono in “Cessuraia”. Mi fermo sull’argine della strada per guardare in giù. Vedo la “Cantorosa” dove ci sono grandi piante di castagni. Sempre pensando ai nomi dei luoghi, qui è “Cercigliaia”, ma allora sono quasi a “Ricavo” e quasi in “Condisilio”, anche qui selva di castagni ed anche un metato. Qui c’è discesa sento lo scorrere dell’acqua, finalmente sono al Canal Da Rio; mi fermo quando vedo una casetta, qui si risveglia un affetto: sono in “Piandorsina”.
Era un terreno coltivato, cerano nespole, uva fragolina e ciliegie amarasche.
C’era del mio zio Pompeo e zia Ernesta. Dolce ricordo. Passo il collettino: qui “Colle del Pianaccio”, guardo in alto vedo il “Grotticino”, proseguo ancora avanti, sono alla “Piastra della Barca”, a “Nereta” alla “Frana del Giardino”.
Qui, vicino alla strada che viene da Cansoli, c’è il confine tra i Terrinchesi e i Basatini: è il “Canale del Lunario”.
Come avevo deciso alla partenza qui dovevo ritornare indietro, ma mi trattengo a pensare, forse avrò dimenticato qualche nome?
Non me ne viene in mente altri. E allora voglio proseguire la strada tutta in discesa in direzione di Cansoli, tanto in giù ci vanno anche i ciocchi e io ci vado con la mente.
Parto e arrivo alla “Vedova”, alla mia sinistra mi volto e guardo il bosco ricoperto dalle scope e dalle eriche. Dopo poca strada siamo alla “Zingola”. Avanti ancora avanti e arrivo alla “Borra Del Re”. Proseguo ancora guardando sempre nella stessa direzione, vedo una grotta, un tempo rifugio delle capre.
Ora sono a “Fessuri”, ma un’altra grotta con un altro nome mi viene in mente: “TANACCE” questo nome vuol dire: tana, riparo, come a dire entrate qui c’è posto per tutti: “TANACCE” nome formidabile. Mi assomiglia ad una catena salda, rocciosa, resistente alla rottura, osservo quella grotta di misto grezzo, materiale duro che con la mano dell’uomo (senza i dannosi mezzi di oggi), non si può rompere.
Qui alle “Tanacce” è nata una leggenda, forse aiutata dalle incisioni a “Coppella” che ricoprono i massi circostanti.
Chissà, forse qui in tempi remoti vivevano uomini che incidevano la pietra con miseri attrezzi anch’essi di pietra; poi credo che nel corso dei secoli queste grotte siano state rifugio di fuggiaschi braccati dai loro nemici, intenti a riti pagani e sacrileghi.
Ma questa è un’altra storia che vi racconterò un’altra volta.
Baldini Marfisa